Il potere della prima impressione

“Non avrai una seconda occasione per fare una buona prima impressione!”

Forse è già la terza volta che leggi questa massima. Che detta così sembra che il potere della prima impressione sia nelle mani di chi presenta (sé stesso, un prodotto, una casa), mentre è vero esattamente il contrario.

La prima impressione può essere più o meno buona rispetto a diversi fattori, che risiedono tutti nella mente di chi viene in contatto con te per la prima volta.

Conoscere questi fattori è comunque determinante per limitare i danni di una prima impressione negativa, che condizionerà il proseguo della relazione personale o professionale e fa correre il rischio di far fallire la trattativa prima ancora di cominciarla.

La teoria delle fette sottili

Nel libro “In un batter di ciglia: il potere segreto del pensiero intuitivo”, Malcolm Gladwell ci porta a scoprire diverse teorie tratte da innumerevoli studi psicologici, che dimostrano che le decisioni che prendiamo sono spesso dettate dall’istinto e solo in una fase successiva elaborate con il ragionamento.

La teoria delle fette sottili dimostra come l’andamento di una trattativa o di una relazione, può essere prevista in base a fattori e comportamenti già presenti durante il primo incontro.

Hai presente quando una cosa o qualcuno non ti piace “a pelle”? Mi riferisco proprio a quei segnali che non riesci a descrivere con le parole e quindi utilizzando un processo logico, ma riconosci e contrassegni come “pericoloso”, “non buono”, “da evitare” sulla base di elementi percepiti a livello inconscio.

Tutti gli studi hanno poi confermato che le scelte d’istinto sono quelle che, alla fine, risultano essere le migliori.

La teoria delle fette sottili, afferma che ogni processo decisionale è sottoposto ad una serie di analisi istantanee che il cervello legge alla velocità della luce sulla base di precedenti esperienze.

Per capire questo meccanismo ti faccio un esempio tratto dalla (ormai) quotidianità. Immagina che qualcuno ti faccia il nome di una persona che tu non conosci. Vai a cercarla su Facebook e l’insieme dei contenuti pubblicati (post, foto, link, ecc.) fa sì che tu ti sia creato un’immagine di quella persona. Ora mettiamo che incontri quella persona. La tua prima impressione sarà falsata da quello che hai elaborato in precedenza. Non dico che sarà peggiore e nemmeno che sarà migliore. Dico solo che sarà diversa che se l’avessi incontrata “a freddo” senza un pre-giudizio.

La prima impressione è il fondamento dell’home staging

Ti ho voluto raccontare di questa teoria per farti riflettere sul fondamento psicologico che sta alla base dell’home staging. La prima impressione è dettata dalle esperienze di chi cerca casa.

Tendenzialmente, se sei un home stager, cercherai di crearti un tuo stile personale, il che va benissimo per il tuo personal brand ma non è il massimo per un home staging perfetto.

“Il miglior home staging è quello che non si vede”

Per ottenere il massimo dalla prima impressione, bisogna andare su scelte “neutre” senza caricare la scena e renderla artefatta. Occorre studiare e analizzare, prima, quale può essere il target giusto per quella casa e operare le scelte che tendono a soddisfare quelle esigenze e che mettano in uno stato d’animo positivo il potenziale acquirente.

Una delle armi più potenti per poterlo fare è “giocare con la memoria”. La nostra memoria è programmata biologicamente per scremare quelle che sono le negatività del passato, mantenendo i ricordi felici. Una musica che riporta ai giorni intorno ai tuoi vent’anni è un sicuro sprone all’atteggiamento positivo. Se conosci l’età del potenziale cliente, riuscirai a selezionare la giusta playlist da far partire durante la visita.

Un altro elemento che fa la differenza è l’odore. L’odore è la prima cosa che si fissa nella mente e si imprime come un’etichetta sulla memoria di quel particolare evento. L’abbiamo visto nel capitolo precedente, anche qui il consiglio è di non esagerare, di trovare un’essenza che metta in uno stato d’animo positivo senza essere percepita come una cosmesi di quello naturale.

Meno è meglio (Less is more) Studiando il Neuromarketing e i meccanismi da cui prendono origini le decisioni, diventa sempre più evidente che meno è meglio. Il centro istintivo, posto alla base del processo decisionale, ha bisogno di poche e mirate osservazioni che servono a confermare quello che ha già percepito. Tutto quello che fai in più è solamente un appesantimento di questo processo e una fatica inutile.